Click-through rate: cos’è il CTR e come si calcola nel marketing
Il Click-Through Rate è la misura concreta dell’attenzione. Ogni volta che un annuncio viene visualizzato, un’email viene aperta o un risultato appare in una SERP, si gioca una sfida silenziosa: l’utente cliccherà oppure passerà oltre? I numeri parlano chiaro: su Google, il primo risultato organico ottiene in media un CTR intorno al 39%, mentre la seconda posizione scende al 18%; su Facebook Ads, il CTR supera raramente l’1%, mentre nelle email promozionali un buon valore si attesta tra il 2% e il 5%. Queste cifre dicono soprattutto una cosa: non basta essere presenti, ma bisogna farsi scegliere. Un CTR alto indica che il contenuto è rilevante, il copy persuasivo e l’invito all’azione convincente; un CTR basso, invece, può essere il segnale che qualcosa non sta funzionando: il pubblico giusto non viene raggiunto, l’offerta non è chiara o la concorrenza riesce a catturare meglio l’attenzione. Il peso del Click-Through Rate varia comunque in base al settore, al canale di marketing e al tipo di contenuto: un’email promozionale ha metriche diverse rispetto a un annuncio PPC, così come il CTR organico sui motori di ricerca risponde a logiche differenti rispetto a quello sui social media. In questa guida vedremo cos’è il CTR, come si calcola, quali sono i benchmark di riferimento e soprattutto quali strategie applicare per ottimizzarlo in ogni contesto per comprendere e migliorare le performance delle attività di marketing.
Che cos’è il Click-Through Rate
Il Click-Through Rate è la percentuale di utenti che cliccano su un link rispetto al numero totale di volte in cui quel link viene visualizzato. Questa metrica, solitamente resa con l’acronimo CTR, è utilizzata per valutare l’efficacia di annunci pubblicitari, risultati nei motori di ricerca, email marketing e contenuti sui social media.
Estremizzando, un CTR alto indica che il contenuto è rilevante e stimola l’interazione, che l’informazione proposta è chiara, coinvolgente e in linea con le aspettative del pubblico; al contrario, un CTR basso può suggerire che il messaggio non sta attirando l’attenzione del pubblico o non è abbastanza persuasivo. Anche se non sempre funziona così, come vedremo.
Nel digital marketing, ogni contenuto ha un solo, vero banco di prova: attrarre l’utente e convincerlo a compiere un’azione. Un annuncio può essere ben progettato, una pagina web ottimizzata tecnicamente, un’email scritta in modo persuasivo, ma se nessuno clicca, questi sforzi restano senza impatto. Il CTR è l’indicatore che misura questa capacità di generare interazione, perché esprime in valore numerico la scelta delle persone che, dopo aver visualizzato un determinato elemento online, decidono di cliccarci sopra. È il primo segnale concreto dell’interesse suscitato e della pertinenza del contenuto rispetto all’intento dell’utente.
Questo vale per ogni ambito in cui la metrica viene applicata, dagli annunci a pagamento nelle piattaforme pubblicitarie fino ai risultati organici di Google, passando per le campagne email e i social media.
Definizione e formula del CTR
Il calcolo del CTR è piuttosto intuitivo:
CTR = (numero di clic / numero di impressioni) × 100
Questa formula indica il rapporto tra il numero di volte in cui un elemento è stato visualizzato (le impression) e il numero di volte in cui è stato effettivamente cliccato.
In genere, possiamo visualizzare il CTR all’interno della dashboard degli account PPC o sugli strumenti di analytics, e anche la Google Search Console permette di controllare tutte le informazioni al riguardo, all’interno del Rapporto sul rendimento. In alternativa, possiamo calcolare manualmente la percentuale di clic dobbiamo prendendo innanzitutto il numero di volte in cui un annuncio o una pagina web viene cliccato e dividendolo poi per il numero di impressioni ottenute; ora moltiplichiamo questo valore per 100 per ottenere una percentuale, che sarà appunto il click-through rate.
Volendo fare un esempio pratico, se un banner pubblicitario caricato su una pagina web viene visualizzato 100 volte ma solo una persona vi clicca sopra, il CTR sarà dell’1 per cento; allo stesso modo, se un annuncio PPC ha avuto 1.000 impressioni e 1 clic, si tratta di un CTR dello 0,1%, oppure ancora se una pagina posizionata su Google è stata cliccata 150 volte dopo essere stata visualizzata 3.000 volte avrà un CTR del 5% (perché 150 clic diviso 3.000 impressioni moltiplicato per 100 dà appunto come risultato il 5%).
Anche se matematicamente semplice, il CTR è un dato fondamentale per valutare l’efficacia di qualsiasi iniziativa di marketing digitale. Più che un numero isolato, è un riflesso della qualità complessiva di un messaggio: un annuncio può essere visto migliaia di volte, ma se nessuno lo trova rilevante, il CTR resterà basso, segnalando un problema di comunicazione. È per questo motivo che non va considerato un parametro assoluto, bensì un elemento da interpretare nel contesto specifico in cui viene misurato.
Tuttavia, un CTR alto non sempre equivale a un successo garantito. Se, ad esempio, un’inserzione pubblicitaria attira molti clic ma porta a una pagina poco convincente, il traffico generato potrebbe non tradursi in conversioni. Ecco perché il CTR va sempre analizzato insieme ad altri indicatori di performance, come il tasso di conversione o il tempo di permanenza sulla pagina.
Dove viene utilizzato il click-through rate
Il CTR è una metrica trasversale a molte aree del marketing digitale: pur avendo sempre la stessa logica di base – misurare il rapporto tra impression e clic – la sua applicazione varia sensibilmente a seconda del contesto. Ogni canale ha le proprie dinamiche, e un buon CTR in un settore potrebbe essere considerato insufficiente in un altro.
- SEO e risultati di ricerca
Nei motori di ricerca, il CTR indica quanto un risultato organico su Google o Bing riesce ad attirare i clic degli utenti. Se un sito è tra le prime posizioni in SERP ma ottiene pochi clic, probabilmente il titolo e la meta description non sono abbastanza accattivanti o non comunicano chiaramente il valore della pagina. Al contrario, una pagina con un CTR sopra la media segnala che l’ottimizzazione degli snippet è efficace e che il contenuto risponde all’intento dell’utente.
- Annunci pubblicitari e PPC
Nelle piattaforme di Google Ads, Facebook Ads e display advertising, il CTR serve a valutare la qualità di un annuncio a pagamento. Se il dato è molto basso, significa che l’annuncio non riesce a catturare l’utente o che il pubblico target è mal segmentato. Anche il copy, le immagini e le call-to-action influenzano notevolmente questo valore: un testo poco incisivo, un design poco attrattivo o un’offerta confusa potrebbero ridurre drasticamente la percentuale di clic.
- Email marketing e DEM
Nelle campagne email, il CTR misura quanti destinatari cliccano sui link presenti nel messaggio dopo aver aperto l’email. È una delle metriche principali per capire se l’offerta è interessante e se la call-to-action è efficace. Un tasso di clic basso può segnalare problemi nella struttura dell’email, nella proposta di valore o nella chiarezza dell’invito all’azione.
- Social media e advertising
Sulle piattaforme social, il CTR viene utilizzato sia per gli annunci sponsorizzati che per valutare l’engagement dei post organici. Nei Facebook Ads o nelle inserzioni su Instagram e LinkedIn, il dato indica quanto il contenuto è attrattivo per il pubblico target. Nei post non sponsorizzati, invece, un CTR alto segnala che il pubblico è interessato e interagisce con i contenuti, aumentando la loro portata organica.
Il CTR, dunque, non è un valore da leggere in modo isolato, ma uno strumento che permette di comprendere quanto un contenuto sia efficace nel generare interazioni e quali aspetti della strategia possono essere ottimizzati.
Come si calcola il CTR nelle diverse piattaforme
Il modo in cui viene misurato il click-through rate può variare in base alla piattaforma su cui viene analizzato, non solo per il tipo di interazione richiesta, ma anche per gli obiettivi specifici del canale. Se nei motori di ricerca il CTR riflette la capacità di un risultato di attrarre traffico rispetto ai concorrenti, nei social media e nell’email marketing ha un valore strettamente legato al coinvolgimento e alla qualità del pubblico raggiunto.
Più precisamente, in Google e altri motori di ricerca un CTR elevato può essere indicativo di un titolo efficace o di un risultato particolarmente vicino alle intenzioni di ricerca dell’utente; al contrario, nei circuiti pubblicitari i CTR sono spesso più bassi perché il contenuto viene mostrato in un contesto passivo, dove l’utente non è necessariamente alla ricerca di quell’informazione. Anche nelle email il CTR assume un valore differente, in quanto dipende dalla combinazione di apertura del messaggio e reale interesse verso l’azione proposta nel testo.
Queste distinzioni sono essenziali per interpretare correttamente i dati: un CTR del 3% potrebbe essere eccellente in Google Ads per la rete di ricerca, ma scarso su un’email promozionale ben segmentata. Di conseguenza, il metodo di calcolo resta lo stesso, ma il confronto tra valori deve sempre avvenire all’interno dello specifico contesto in cui il CTR viene misurato.
CTR nei motori di ricerca (SEO e Google Ads)
Nei motori di ricerca, come detto, il CTR indica il rapporto tra il numero di volte in cui un risultato viene visualizzato e il numero di clic ottenuti. È una metrica essenziale per valutare l’efficacia della propria presenza su Google, sia per quanto riguarda i risultati organici sia per gli annunci sponsorizzati.
Per la SEO, il CTR organico misura quante persone cliccano su un risultato di ricerca rispetto al numero di volte in cui quel risultato viene mostrato in SERP. È un dato che può variare notevolmente in base alla posizione della pagina: i primi tre risultati raccolgono la maggior parte dei clic, mentre i link in fondo alla prima pagina o nelle pagine successive hanno CTR nettamente più bassi. Una percentuale di clic inferiore alla media può indicare che il titolo, la meta description o altri elementi visibili in anteprima non sono abbastanza pertinenti o persuasivi agli occhi dell’utente.
Nel caso del SEM e di Google Ads, il CTR ha un impatto diretto sulle performance pubblicitarie e sui costi. Oltre a indicare quanto un annuncio sia attraente per il pubblico, influisce sul Quality Score, un parametro che determina il ranking dell’inserzione nell’asta pubblicitaria. Un CTR elevato può ridurre il costo per clic, migliorando l’efficacia della campagna; al contrario, un CTR basso potrebbe indicare che l’annuncio non è ben ottimizzato o che la segmentazione del pubblico non è corretta.
CTR negli annunci display e social media
Le campagne display e quelle sui social media presentano dinamiche di interazione molto diverse rispetto agli annunci sui motori di ricerca. Qui il CTR misura la capacità di un’inserzione di catturare l’attenzione nel flusso di contenuti visualizzati dagli utenti.
Nel caso della pubblicità display, la percentuale di clic è generalmente più bassa rispetto agli annunci di ricerca, poiché i banner vengono mostrati passivamente all’utente, spesso mentre sta svolgendo altre attività online. Il CTR può variare in base alla rilevanza dell’annuncio rispetto al sito su cui viene pubblicato, al formato utilizzato e all’efficacia della call to action. Elementi grafici troppo generici o copy poco incisivi tendono a ridurre il tasso di coinvolgimento.
Sui social media, il CTR dipende molto dalla piattaforma e dal formato dell’inserzione. Le campagne su Facebook, Instagram, LinkedIn e Twitter hanno meccaniche diverse e richiedono approcci specifici per funzionare correttamente. Testare immagini, video, testi e posizionamento dell’annuncio è fondamentale per individuare la combinazione più efficace e ottenere un CTR superiore alla media.
CTR nell’email marketing
Nel caso dell’email marketing, il CTR misura l’efficacia di una campagna nel convertire i lettori in visitatori del sito o in lead qualificati. È un indicatore che va letto in combinazione con il tasso di apertura: se le email vengono aperte ma non generano clic, potrebbe essere necessario rivedere il contenuto o migliorare la chiarezza dei link e delle call to action.
Esistono due diverse metriche da considerare nell’analisi delle prestazioni: il CTR e il CTOR, ovvero il click-to-open rate. Il CTR calcola il rapporto tra i clic totali e il numero di email consegnate, fornendo una visione generale della capacità della campagna di generare traffico. Il CTOR, invece, considera solo le email effettivamente aperte e misura quanti destinatari, dopo aver visualizzato il contenuto, hanno deciso di interagire con i link presenti. Questa distinzione è importante perché aiuta a individuare se il problema è nella formulazione dell’oggetto dell’email (che influenza il tasso di apertura) o nella qualità delle call to action e dei contenuti interni (che determinano il tasso di clic successivo).
Un CTR basso può essere il segnale che l’email non è abbastanza coinvolgente, che i link non sono posizionati in modo ottimale o che il pubblico target non è ben segmentato. Ottimizzare il layout, rendere più visibili le chiamate all’azione e personalizzare i contenuti in base agli interessi del destinatario possono essere strategie efficaci per aumentare il valore di questa metrica.
Perché il CTR è importante nel digital marketing
Il click-through rate non è solo un dato numerico, quindi, ma un vero e proprio riflesso del comportamento degli utenti online. Ogni clic racconta una storia: indica che un contenuto ha suscitato interesse, che un annuncio ha attirato l’attenzione o che un risultato di ricerca ha risposto a una necessità. È per questo che il CTR è considerato uno dei KPI fondamentali nel digital marketing: analizzarlo permette di valutare l’attrattività e la pertinenza di un determinato elemento, individuando opportunità di ottimizzazione.
Come detto, riscontrare un CTR elevato è generalmente un segnale positivo: significa che un’alta percentuale di persone che vedono l’elemento fa effettivamente clic su di esso, e di norma questa è una buona cosa, perché indica che la pagina è ben costruita per rispondere alle aspettative delle persone e stuzzica la loro curiosità e il loro interesse – l’utente trova rilevante il messaggio e decide di approfondire. Un CTR basso, invece, può essere il sintomo di un problema a livello di targeting, copywriting, design o posizionamento del contenuto. Ma attribuire al CTR un valore assoluto sarebbe un errore: la sua importanza va sempre letta in base al contesto, al canale e agli obiettivi della campagna. Un annuncio con molti clic ma pochi risultati concreti potrebbe infatti generare traffico non qualificato, mentre un CTR medio potrebbe comunque portare ottime conversioni se il targeting è mirato.
Analizzare il CTR significa, quindi, comprendere quali strategie funzionano e quali aspetti necessitano di miglioramento, ed è proprio questo che lo rende una metrica chiave per chi lavora nel digital marketing.
CTR come indicatore di performance
Nel marketing digitale, il CTR gioca un ruolo cruciale nell’identificazione delle strategie più efficaci. È uno dei primi parametri che vengono osservati quando si valuta il rendimento di un annuncio, di una campagna email o di un contenuto sui social. Il motivo è semplice: senza un’interazione iniziale, l’intero funnel di marketing rischia di essere compromesso.
Se un’inserzione Google Ads ha un CTR elevato, significa che il pubblico la trova interessante e pertinente. Se un’email ha un buon tasso di clic, vuol dire che il contenuto era abbastanza coinvolgente da spingere i destinatari a interagire. Questi dati forniscono indicazioni preziose su come gli utenti rispondono ai messaggi di marketing, permettendo di affinare le strategie e adattarle alle esigenze del pubblico.
Un altro aspetto fondamentale riguarda l’impatto del CTR sulla visibilità nei motori di ricerca. Nel caso della SEO, un CTR alto sui risultati organici può segnalare a Google che una determinata pagina è particolarmente apprezzata dagli utenti, spingendo il motore di ricerca a favorirne la posizione in SERP. Nel mondo della pubblicità a pagamento, invece, il CTR va a influire sul punteggio di qualità degli annunci: valori più alti possono tradursi in un costo per clic inferiore e in una maggiore esposizione.
In questo senso, il CTR non è solo un dato utile per valutare il rendimento di singole campagne, ma un vero e proprio strumento di ottimizzazione continua. Monitorarlo permette di individuare pattern, testare nuove strategie e rafforzare la capacità di conversione di un contenuto.
Il legame tra CTR e conversioni
Anche se un CTR elevato è generalmente considerato un segnale positivo, non sempre si traduce in un aumento delle conversioni. C’è una differenza sostanziale tra attirare l’attenzione e ottenere un risultato concreto, ed è qui che entra in gioco l’analisi più approfondita delle interazioni dell’utente.
Ad esempio, un annuncio pubblicitario con un CTR molto alto potrebbe generare un gran numero di visite a una landing page, ma se il messaggio sul sito non è chiaro o l’offerta non è convincente, il tasso di conversione potrebbe rivelarsi insoddisfacente. Allo stesso modo, un titolo accattivante nei motori di ricerca potrebbe aumentare i clic su una pagina web, ma se il contenuto non è all’altezza delle aspettative degli utenti, il bounce rate sarà elevato e il valore del traffico ridotto.
Per trasformare un CTR alto in risultati concreti, è essenziale considerare altri fattori chiave:
- Esperienza utente: la navigazione deve essere fluida, con un design intuitivo e tempi di caricamento ridotti, per evitare che il visitatore abbandoni il sito poco dopo il clic.
- Pagina di destinazione: il contenuto della pagina deve essere coerente con il messaggio dell’annuncio o del risultato cliccato, offrendo valore e guidando l’utente verso l’azione desiderata.
- Intento di ricerca: nel contesto SEO, è cruciale che la pagina sia allineata con l’intento dell’utente. Se il contenuto non risponde in modo chiaro alla sua necessità, il clic generato si rivelerà poco utile.
Il CTR, quindi, è un primo indicatore di interesse, ma la sua reale efficacia dipende dalla capacità di trasformare i clic in azioni significative. Solo abbinandolo ad altre metriche, come il tasso di conversione e il comportamento degli utenti dopo il clic, è possibile ottenere una visione completa della performance di una strategia di marketing.
Qual è un buon valore di CTR? Benchmark e valori medi per settore
Ora che sappiamo come si calcola il CTR e che abbiamo ottenuto questo valore, dobbiamo imparare a usarlo e giudicarlo.
Per valutare correttamente il CTR è quindi essenziale considerare il contesto in cui viene misurato. Lo abbiamo detto: non tutte le piattaforme hanno gli stessi standard e un CTR che può sembrare basso in un ambito potrebbe essere ottimo in un altro. Ad esempio, un annuncio su Google Ads ha dinamiche diverse rispetto a una campagna Facebook, e il CTR di una ricerca organica in SERP non può essere paragonato a quello di una campagna email.
Il concetto di “buon CTR” varia non solo in base al mezzo utilizzato, ma anche in base al settore. Alcune industrie registrano valori naturalmente più elevati grazie a un’interazione più immediata con il pubblico, mentre altre, come il B2B, hanno CTR medi più contenuti, ma comunque efficaci per il loro modello di conversione. Per comprendere davvero il significato di questa metrica e confrontare le proprie performance, è utile basarsi su benchmark aggiornati e specifici per ogni categoria di marketing.
CTR medio nei principali settori e canali di marketing
La media del CTR varia notevolmente in base alla piattaforma e al settore in cui viene utilizzata. Qui di seguito alcuni valori di riferimento basati sulle analisi più recenti:
- Google Ads (rete di ricerca): 3-5%. Gli annunci di ricerca tendono ad avere CTR più alti rispetto ad altre forme di advertising, perché appaiono agli utenti nel momento in cui stanno esprimendo un’esigenza. Tuttavia, il valore preciso dipende da fattori come la concorrenza delle keyword e il copy dell’annuncio.
- Google Display Network: 0,5-1%. Le campagne display sono meno mirate rispetto alla rete di ricerca, in quanto l’utente visualizza gli annunci mentre svolge altre attività online. Questo porta a CTR generalmente più bassi, che dipendono dalla qualità delle immagini utilizzate e dalla capacità dell’annuncio di catturare lo sguardo nel contesto della pagina.
- Facebook Ads: 0,90-1,5%. Il CTR sulle piattaforme social può variare molto in base al formato e all’audience. I video ads e le campagne con target ben segmentato tendono a ottenere CTR superiori, mentre annunci più generici possono restare su valori più bassi.
- Email marketing: 2-4%. Nelle campagne email, il CTR misura quanti destinatari cliccano sui link interni dopo aver aperto il messaggio. Per ottenere valori elevati, è fondamentale personalizzare gli invii e rendere le call to action il più chiare e immediate possibile.
- Risultati organici in SERP. Il CTR in questo caso è strettamente legato alla posizione del risultato. Come vedremo, ricerche recenti mostrano che il primo risultato organico su Google può arrivare a superare il 30% di CTR, mentre già dalla seconda posizione la percentuale cala significativamente fino ad arrivare sotto il 5% per la parte bassa della prima pagina. Ma a breve vedremo questo aspetto in dettagli maggiori.
Questi dati mostrano chiaramente come il contesto e il canale influenzino il valore di un CTR considerato positivo. Una campagna che raggiunge il 2% su Google Display Ads può essere molto performante, mentre lo stesso numero su Google Ads Search potrebbe indicare la necessità di una revisione.
Differenze di CTR tra B2B e B2C
Un altro aspetto da considerare è la distinzione tra il settore Business-to-Business (B2B) e il Business-to-Consumer (B2C), che presentano tassi di clic medi differenti per ragioni legate ai processi decisionali e al comportamento del pubblico.
Nel marketing B2B, il click-through rate è tendenzialmente più basso perché il pubblico è spesso più specifico e i percorsi di conversione sono più lunghi. Gli annunci e i contenuti devono rivolgersi a professionisti che prendono decisioni su basi razionali e strategiche, il che porta generalmente a tassi di clic più contenuti ma altamente qualificati. Ad esempio, un annuncio Google Ads per un software aziendale potrebbe avere un CTR del 2%, ma generare lead di elevata qualità.
Al contrario, in contesti B2C le campagne destinate ai consumatori finali tendono ad avere un CTR maggiore, grazie a una comunicazione più immediata e a scelte rapide da parte del pubblico. Settori come il commercio elettronico, l’intrattenimento e il turismo registrano CTR più elevati, con valori che possono superare il 5% per annunci pubblicitari particolarmente mirati.
Questa distinzione è importante perché un CTR basso nel B2B non significa necessariamente una scarsa performance. La qualità del traffico è spesso più importante della quantità e molte attività in questo settore puntano su strategie focalizzate sulla lead generation o sulla costruzione di un rapporto con il potenziale cliente.
In definitiva, non esiste un valore unico che definisca un CTR buono: tutto dipende dalla piattaforma, dal settore e dall’obiettivo della campagna. L’unico modo per valutare con precisione la propria strategia è confrontare i propri risultati con benchmark di riferimento e monitorare costantemente l’andamento per individuare eventuali margini di miglioramento.
CTR nelle ricerche organiche: andamento e nuovi dati per il 2025
L’evoluzione delle SERP di Google ha sempre avuto un impatto diretto sul CTR organico, modificando il modo in cui gli utenti interagiscono con i risultati di ricerca. Ogni aggiornamento dell’algoritmo, l’inserimento di nuovi formati di risultato e l’integrazione dell’intelligenza artificiale cambiano la distribuzione dei clic, influenzando il traffico che arriva ai siti web.
Nel 2025, gli ultimi dati raccolti da First Page Sage e Backlinko offrono uno spaccato aggiornato sul comportamento del CTR nelle SERP, confermando alcune tendenze chiave:
- Il primo risultato organico ottiene in media il 39,8% dei clic, un valore in leggero aumento rispetto al 2024.
- I primi tre risultati complessivamente assorbono il 68,7% del traffico, lasciando solo una frazione dei clic ai posizionamenti più bassi.
- Se una pagina presenta uno snippet in evidenza, il CTR sale al 42,9%, rendendo i Featured Snippet ancora più rilevanti per la visibilità organica.
- I risultati influenzati dalla nuova AI Overviews di Google registrano un CTR intorno al 38,9% per il primo link – una variazione minima rispetto ai risultati standard, segnalando che gli utenti continuano a fidarsi della prima posizione.
- Il CTR per gli annunci a pagamento nelle prime tre posizioni è in calo, scendendo a una media di 1,5%, con una riduzione dovuta all’adozione sempre più massiccia delle AI Overviews, che sottraggono traffico agli annunci sponsorizzati.
Distribuzione del CTR per posizione in SERP
Questi studi analizzano in profondità anche la distribuzione del CTR organico per ciascuna posizione nella prima pagina di Google:
Posizione in SERP |
CTR Medio 2025 |
CTR con Snippet |
CTR con AI Overview |
#1 |
39,8% |
42,9% |
38,9% |
#2 |
18,7% |
27,4% |
29,5% |
#3 |
10,2% |
– |
– |
#4 |
7,2% |
– |
– |
#5 |
5,1% |
– |
– |
#6 |
4,4% |
– |
– |
#7 |
3,0% |
– |
– |
#8 |
2,1% |
– |
– |
#9 |
1,9% |
– |
– |
#10 |
1,6% |
– |
– |
Come evidenziato, il CTR mostra un calo progressivo man mano che si scende nelle posizioni SERP, con le prime tre che raccolgono oltre i due terzi del totale di clic disponibili.
I dati confermano ancora una volta che il primo risultato organico rimane l’obiettivo principale per chi opera in SEO. Con quasi il 40% dei clic totali in SERP, questa posizione garantisce un volume di traffico superiore a tutti i risultati combinati dalla quarta alla decima posizione.
Un altro aspetto chiave è che i Featured Snippet migliorano ulteriormente il CTR della prima posizione , superando in alcuni casi il 42%. Questo suggerisce che ottenere lo snippet in evidenza non solo aiuta la visibilità, ma aumenta la probabilità che l’utente scelga quel link anziché scorrere oltre.
AI Overviews e il loro impatto sul CTR
Una delle novità più discusse è l’introduzione delle AI Overviews, ovvero i riassunti automatici generati da Google per rispondere alle query in modo approfondito – da poco disponibili in test anche in Europa, Italia inclusa, con il nome di “Riepiloghi dell’AI”. Inizialmente, c’erano timori che queste anteprime create con intelligenza artificiale generativa riducessero drasticamente il CTR organico, ma i dati statunitensi mostrano che il primo risultato nella AI Overviews mantiene comunque un CTR competitivo, poco inferiore al risultato organico standard.
L’impatto maggiore si è avuto sugli annunci sponsorizzati, che hanno visto un calo del CTR nelle prime tre posizioni, segno che gli utenti preferiscono interagire con i risultati organici quando trovano una risposta istituzionale fornita dall’intelligenza artificiale.
Come sfruttare questi dati per migliorare il CTR organico
Alla luce di queste tendenze, chi lavora in ottica SEO può adottare alcune strategie mirate per migliorare il proprio CTR e massimizzare la visibilità in SERP:
- Puntare ai Featured Snippet. Formattare i contenuti con risposte concise, elenchi puntati e paragrafi chiari aumenta la probabilità di ottenere il primo risultato con snippet in evidenza.
- Ottimizzare per query long-tail. Parole chiave più specifiche (>10 parole) registrano CTR superiori rispetto a termini generici, secondo Backlinko.
- Migliorare i title tag e le meta description. Titoli tra 40 e 60 caratteri hanno i CTR migliori, con un incremento se contengono parole chiave pertinenti o elementi emozionali.
- Prestare attenzione ai local pack e risultati visuali. Se la query attiva immagini, mappe o knowledge panel, è essenziale ottimizzare la strategia per competere con questi elementi.
- Monitorare i CTR per posizione. Secondo l’analisi di Backlinko, salire in SERP di una sola posizione può portare, in media, a un incremento del 32,3% del CTR relativo.
Strategie avanzate per migliorare il CTR
Se queste sono le indicazioni teoriche, possiamo adesso passare a qualche spunto più operativo. Come dovrebbe essere ormai chiaro, avere un CTR basso non significa necessariamente che una campagna o un contenuto siano destinati a fallire, perché in molti casi il valore ci offre anzi un segnale che qualcosa deve essere ottimizzato: il messaggio non è abbastanza chiaro, il pubblico target non è quello giusto o l’elemento visivo non riesce a catturare l’attenzione. Fortunatamente, esistono strategie mirate che, se applicate correttamente, possono migliorare il tasso di clic in ogni contesto, dalla SEO alla pubblicità PPC, fino alle email e ai social media.
L’obiettivo non è solo far aumentare il numero di clic, ma farlo in modo qualitativo, attirando utenti realmente interessati all’offerta. Per ottenere questo risultato, ogni canale richiede accorgimenti specifici, adattati alle sue dinamiche di fruizione e comportamento degli utenti.
Ottimizzazione del CTR per la SEO
Quando un sito compare nei risultati di ricerca di Google, la competizione per il clic è altissima. Anche una posizione privilegiata in SERP potrebbe non bastare se il titolo e la descrizione non riescono a distinguersi tra le alternative. Ottimizzare il CTR in ambito SEO significa rendere più coinvolgenti e immediatamente chiari i motivi per cui l’utente dovrebbe scegliere proprio quel risultato.
Uno degli elementi principali da affinare è il title tag, ovvero il titolo che appare in SERP: deve essere breve, chiaro e persuasivo, contenere la parola chiave importante e stimolare il clic senza essere forzato o eccessivamente promozionale. Anche la meta description svolge un ruolo essenziale, permettendo di spiegare più nel dettaglio cosa l’utente troverà all’interno della pagina. Inserire frasi dirette, numeri (dove pertinenti) e un tone of voice che susciti curiosità può fare la differenza.
Un ulteriore elemento che può aumentare sensibilmente il CTR è l’uso dei dati strutturati. Implementando elementi arricchiti, FAQ o recensioni all’interno delle pagine, è possibile ottenere rich snippet che si distinguono visivamente in SERP. Un link che mostra valutazioni a stelle, prezzi o informazioni chiave ha molte più probabilità di attrarre clic rispetto a un risultato standard.
Anche la formattazione del contenuto stesso contribuisce all’aumento del CTR. Google spesso utilizza parti del testo di una pagina per creare featured snippet o anteprime nelle ricerche: migliorare la leggibilità, usare liste puntate e strutturare i contenuti con sottotitoli ben definiti può rendere una pagina più adatta a questi formati, aumentando così la probabilità di apparire in posizioni strategiche.
Strategie per migliorare il CTR negli annunci PPC
Nel caso della pubblicità a pagamento, il CTR assume un ruolo ancora più centrale, influenzando direttamente non solo le performance della campagna, ma anche il costo per clic e il punteggio di qualità dell’annuncio. Per questo motivo, ogni elemento di un’inserzione deve essere ottimizzato per massimizzare l’efficacia.
Un metodo più efficace per migliorare il CTR è l’A/B testing sulle call-to-action e sui testi. Cambiare anche solo una parola in una CTA o una variante del titolo può portare a differenze significative nella percentuale di clic. Testare versioni diverse consente di individuare la formula che più risuona con il pubblico e genera più interazione.
L’ottimizzazione delle estensioni annuncio è un altro strumento fondamentale. Le inserzioni su Google Ads possono essere arricchite con informazioni aggiuntive come link a pagine specifiche, numeri di telefono o dettagli sui prezzi. Più un annuncio è completo e fornisce anticipazioni precise sull’offerta, maggiore è la probabilità che gli utenti lo trovino interessante.
Attenzione però all’effetto AI Overviews: se i Featured Snippet hanno migliorato il CTR dei primi risultati organici, come visto, la Generative AI ha invece avuto un impatto negativo sulle inserzioni a pagamento, poiché gli utenti trovano direttamente nei Ripieloghi alcune delle risposte ricercate. Questa trasformazione si riflette in una riduzione del CTR degli annunci nelle prime tre posizioni, che è sceso a una media dell’1,5%. Per contrastare questa tendenza e mantenere un CTR competitivo, potrebbe rivelarsi utile:
- Utilizzare estensioni annuncio più informative, come sitelink ben strutturati che offrano all’utente un motivo concreto per cliccare sull’annuncio invece di affidarsi alle AI Overview.
- Segmentare il pubblico in modo ancora più preciso, evitando di disperdere risorse su utenti meno propensi a cliccare sugli annunci PPC quando possono trovare risposte dirette nei riepiloghi offerti da Google.
- Sperimentare formati di annunci dinamici, che aggiornino automaticamente il copy e i contenuti in base alle ricerche più recenti, offrendo informazioni sempre contestuali all’utente
Infine, uno degli errori più comuni che abbassano il CTR degli annunci è la scarsa precisione nel targeting. Se l’inserzione viene mostrata a un pubblico troppo ampio o non in linea con l’offerta, i clic saranno pochi e poco qualificati. Concentrarsi su segmenti specifici, utilizzando parole chiave precise e opzioni di targeting avanzate come il remarketing, aiuta a mostrare l’annuncio solo a chi ha una reale possibilità di essere interessato.
Aumentare il CTR nell’email marketing e nei social media
Nel mondo delle email e dei social media, la sfida per attirare l’attenzione è ancora più complessa: l’utente è sommerso da contenuti e interruzioni costanti, per cui solo ciò che emerge davvero riesce a ottenere clic.
Nelle campagne di email marketing i due elementi che più influenzano il CTR sono l’oggetto e l’anteprima del messaggio. Se un’email viene aperta ma il suo contenuto non genera interazione, quasi sempre il problema risiede in una call-to-action poco efficace o in un design non ottimizzato. Testare diverse tipologie di oggetti, inclusi quelli con personalizzazione (ad esempio, menzionando il nome del destinatario), può aumentare notevolmente il tasso di apertura e, di conseguenza, il CTR interno.
La segmentazione del pubblico è un altro aspetto chiave. Inviare lo stesso messaggio a una lista email generica riduce le chance di successo. Creare gruppi di destinatari in base alle loro preferenze e ai loro comportamenti passati permette di fornire contenuti più mirati, pertinenti e rilevanti, migliorando così il CTR.
Per quanto riguarda i social media, la competizione visiva è altissima e il CTR è influenzato in modo significativo dal formato dei contenuti. I video hanno generalmente prestazioni migliori rispetto alle immagini statiche, mentre il copy di accompagnamento deve essere breve, incisivo e in grado di suscitare curiosità. Anche piccoli accorgimenti, come l’uso di domande dirette o di elementi visivi coordinati con il testo, possono rendere un annuncio più efficace.
Un’altra strategia utile per migliorare il CTR delle campagne social è la sperimentazione di diversi formati di storytelling e linguaggi visivi. I contenuti che presentano un chiaro beneficio per l’utente e che generano un coinvolgimento immediato, come caroselli o video con narrazione dinamica, tendono a ottenere migliori risultati in termini di interazione e, di conseguenza, un CTR più alto.
Inoltre, c’è un ulteriore aspetto da considerare: l’algoritmo di Google non è l’unico a subire evoluzioni, perché anche le piattaforme social sono in continuo cambiamento, e nelle strategie di advertising su Facebook, Instagram e LinkedIn la qualità del copy ha un impatto diretto sul CTR. Le inserzioni che sembrano più simili ai contenuti organici della piattaforma tendono ad avere CTR più alti rispetto a quelle con un formato tipicamente promozionale. Questa tendenza si riflette nella necessità di:
- Sperimentare testi che riprendano il tone of voice naturale della piattaforma in modo da sembrare meno invasivi per gli utenti.
- Aggiungere elementi interattivi (sondaggi, caroselli, video brevi) che incentivino l’interazione prima ancora del clic vero e proprio, migliorando l’engagement e di conseguenza il CTR.
- Approfondire l’analisi delle creatività visive. A differenza di Google Ads, le performance delle inserzioni social dipendono in larga parte dalla qualità delle immagini e dei video utilizzati. Ottimizzare gli elementi grafici in base ai pattern di comportamento degli utenti sui diversi social può migliorare drasticamente il numero di clic ricevuti.
L’integrazione di dati aggiornati ha reso evidente come il CTR sia sempre più influenzato dalle evoluzioni tecnologiche della SERP e del comportamento degli utenti sui diversi canali di marketing. Ottimizzare un contenuto, un annuncio o un’email non significa più solo migliorare i titoli, inserire parole chiave strategiche o potenziare le call-to-action, ma anche adattarsi ai nuovi formati di ricerca e di pubblicità, sfruttando strumenti come Featured Snippet, dati strutturati e contenuti interattivi. Questi aggiornamenti rendono il CTR non solo uno strumento di misurazione, ma un vero e proprio segnale per ridefinire le strategie digitali con un approccio sempre più analitico e reattivo alle innovazioni di mercato: il successo arriva combinando creatività, test continui e un’analisi accurata delle risposte del pubblico.
Click-through rate e SEO: il CTR influenza il ranking su Google?
Il potenziale impatto del CTR sulle posizioni di una pagina nei risultati di ricerca è (ancora) uno dei temi più dibattuti nella community SEO. Google ha più volte dichiarato che il CTR non è un fattore di ranking diretto – il che significa che un elevato tasso di clic non garantisce automaticamente un miglior posizionamento in SERP – ma diverse analisi nel corso degli anni hanno suggerito una possibile correlazione tra CTR e ranking, specialmente per query in cui la pertinenza dei risultati è determinata anche dal comportamento degli utenti, e dopo il Google leak del 2024 queste teorie hanno ripreso fortemente piede.
Se il CTR fosse completamente irrilevante per Google, si spiegherebbe con difficoltà il motivo per cui il motore di ricerca sollecita gli editori a migliorare gli snippet per aumentare i clic. Inoltre, i dati di Backlinko mostrano che il primo risultato organico raccoglie circa 20 volte più clic rispetto al miglior annuncio a pagamento, suggerendo che Google continua a valorizzare i risultati ritenuti più pertinenti dagli utenti.
Il punto di vista ufficiale di Google
Google ha ribadito più volte che il CTR non è utilizzato come segnale primario per il ranking. John Mueller, Search Advocate, ha più volte chiarito che questa metrica può essere facilmente manipolata e che il motore di ricerca si basa su altri segnali più affidabili per determinare la qualità di un risultato. Google ha sviluppato algoritmi sofisticati come RankBrain, che interpretano le query e la rilevanza dei contenuti in modo più articolato, andando oltre le semplici metriche di interazione.
Addirittura, nel 2019 si rese necessaria una dichiarazione ufficiale da parte di Google, dopo una lunga battaglia “dialettica” con professionisti SEO e digital marketing: se, da un lato, vari Googlers avevano preso una posizione abbastanza netta rispetto all’argomento, spiegando che i dati CTR non sono utilizzati all’interno dell’algoritmo di ranking di Google, altre uscite pubbliche e dati analizzati da professionisti SEO internazionali sembravano evidenziare il contrario, alimentando i dubbi nella comunità di esperti di ottimizzazione per motori di ricerca. Ecco cosa diceva e dice Google sul CTR:
Traducendo più o meno letteralmente: “come già detto in precedenza, Google utilizza le interazioni in vari modi, come la personalizzazione, la valutazione e i dati per il training”. Poi, si aggiunge, “non abbiamo nulla in più o di nuovo da condividere rispetto a quello che ripetiamo da tempo: la strada giusta per il successo è avere contenuti interessanti e coinvolgenti”, ovvero la nota formula dei contenuti di qualità. Infine, Google “incoraggia i proprietari dei siti a concentrarsi su questo quadro generale”.
Come si inserisce questa dichiarazione nello stato dell’arte della SEO? Volendo sintetizzare ancora il nodo centrale della questione, il motivo principale per cui la percentuale di clic non viene inserita tra i segnali di ranking è che tali dati sono turbolenti (noisy) e facilmente “spammabili“, per cui non avrebbe senso utilizzarli. Tuttavia, resta un po’ di ambiguità: anziché ribadire ufficialmente e chiaramente che l’algoritmo di Google non utilizza i dati di click-through rate per il posizionamento, le parole scelte dai portavoce di Mountain View sembrano decisamente sfuggenti. Non si sostiene in maniera netta, infatti, che le interactions non sono prese in considerazione nel loro algoritmo di classificazione, né che “attualmente il CTR non è usato, ma ci riserviamo il diritto di farlo in futuro se diventa un fattore di ranking utile”: la strada scelta da Google è stata invece quella di lasciare tutto in un senso di indefinitezza, che d’altra parte contraddistingue da sempre quello che c’è dietro al funzionamento e ai fattori di ranking del gigantesco algoritmo che genera le SERP. In fin dei conti, però, è davvero importante sapere se il CTR sia o meno un fattore di ranking? Anche ammesso che l’algoritmo utilizzi i dati del CTR, di sicuro Google deve aver studiato dei sistemi per rilevare la manipolazione dei clic nei risultati di ricerca, e quindi bisogna concentrarsi su come aumentare tale percentuale di clic, provando a offrire sempre più contenuti di qualità, ottimizzando i contenuti presenti e correggendo gli errori SEO che complicano l’esperienza dell’utente e la scansione dei crawler. Che, in sintesi, è l’obiettivo di tutto il lavoro SEO a prescindere dal CTR!
Le teorie SEO su una possibile correlazione tra CTR e ranking
Nonostante la posizione ufficiale di Google, come dicevamo, diverse ricerche SEO hanno evidenziato che le pagine con un CTR significativamente superiore alla media tendono a mantenere posizioni più stabili in SERP o a migliorare nel tempo. Questo potrebbe suggerire che Google utilizzi il CTR come segnale indiretto per valutare la pertinenza di un risultato in relazione a specifiche query.
L’ipotesi principale è che Google non usi il CTR come fattore esplicito di ranking, ma lo integri in sistemi di ranking più complessi per:
- Verificare la validità di un risultato per una determinata query, specialmente per ricerche in cui non esistono risposte univoche e affidarsi al comportamento dell’utente può essere un indicatore utile.
- Ricalibrare le SERP nel tempo, favorendo risultati che ricevono un maggiore engagement e penalizzando quelli ritenuti meno utili dagli utenti.
Gli effetti indiretti di un CTR elevato
Anche se non esiste una prova certa che un CTR alto porti a un miglior posizionamento, è innegabile che migliorarlo possa generare effetti collaterali positivi, tra cui:
- Maggior permanenza in SERP – Se un risultato ottiene molti clic rispetto ai concorrenti, è possibile che Google consideri il contenuto più rilevante, mantenendolo stabile nella stessa posizione o evitando un downgrade.
- Migliore engagement complessivo – Un CTR più alto porta più utenti sul sito e, se il contenuto è valido, prolunga il tempo di permanenza e riduce la frequenza di rimbalzo, due segnali che Google potrebbe tenere in considerazione nel valutare la qualità della pagina.
- Maggiore traffico qualificato – Indipendentemente dal ranking, un CTR alto significa intercettare più utenti potenzialmente interessati ai contenuti, migliorando così il rendimento complessivo della strategia SEO.
Il CTR potrebbe non essere un fattore di ranking diretto, ma resta decisivo per la visibilità e il traffico da Google. Ottimizzarlo non solo può aumentare il numero di visite, ma potrebbe anche migliorare la percezione della qualità del contenuto agli occhi di Google, con effetti indiretti sul posizionamento.
Più che concentrarsi sulla possibilità che il CTR influenzi il ranking, è utile considerarlo uno strumento strategico essenziale per massimizzare i risultati delle proprie attività SEO e pubblicitarie.
Errori comuni che abbassano il CTR e come evitarli
Un CTR basso non è mai un caso: è il risultato di una combinazione di fattori che influiscono sull’efficacia di un annuncio, di un risultato organico o di una campagna email. Quando un contenuto non ottiene abbastanza clic, significa che qualcosa non sta funzionando nel modo in cui viene presentato o distribuito agli utenti .
Ma oggi l’ottimizzazione del CTR non è più soltanto una questione di miglioramento di titoli, descrizioni o immagini pubblicitarie: con l’evoluzione delle SERP, la distribuzione dei clic tra risultati organici e a pagamento sta cambiando, e ignorare queste trasformazioni può compromettere seriamente la visibilità di un contenuto.
A volte il problema è nel copy, poco chiaro o poco persuasivo. In altri casi, è una questione di pubblico: se le persone che vedono un contenuto non sono realmente interessate, difficilmente cliccheranno. Anche fattori tecnici, come la mancata ottimizzazione per i dispositivi mobili, possono giocare un ruolo fondamentale nel determinare il successo o il fallimento di una strategia.
Un altro errore sempre più comune è sottovalutare l’impatto delle AI Overviews e dei Featured Snippet sulle ricerche organiche. I dati aggiornati mostrano che, dalla seconda posizione in poi, se è presente un Featured Snippet, i clic tendono a concentrarsi su quel risultato e quindi, anche avendo un sito ben posizionato tra i primi in Google, non ottimizzare il contenuto per acquisire uno snippet può penalizzare significativamente il traffico organico.
Altro aspetto critico è la mancata revisione dei contenuti in funzione dei cambiamenti dell’algoritmo di Google. Molti siti continuano a basarsi su strategie SEO tradizionali, trascurando il fatto che le SERP di oggi premiano sempre di più contenuti strutturati, risposte dirette e un’organizzazione dell’informazione ottimizzata per le AI Overviews. Se un sito non adotta formati predisposti per essere estratti dagli algoritmi di Google, rischia di perdere visibilità anche in posizioni di ranking elevate.
Questa evoluzione ha un impatto anche sul rendimento degli annunci pubblicitari. I dati mostrano che gli annunci sponsorizzati nelle prime tre posizioni hanno visto un calo del CTR, passando da una media dell’1,7% all’1,5%. Questo suggerisce che, con l’aumento delle risposte generate direttamente in SERP, gli utenti tendono a interagire di meno con gli annunci e prestano maggiore attenzione ai risultati organici. Chi investe in campagne PPC deve quindi valutare con attenzione la distribuzione del budget, considerando se può essere più strategico rafforzare il posizionamento organico per compensare il calo dei clic sugli annunci.
Ignorare questi cambiamenti nella SERP significa rischiare di vedere il proprio CTR diminuire senza apparenti motivi, mentre i concorrenti che si adattano a queste nuove dinamiche riescono a intercettare più clic e maggiore traffico.
Scarsa chiarezza nei titoli e nelle descrizioni
In qualsiasi settore del marketing digitale, il titolo è il primo punto di contatto con il pubblico. Che si tratti di un risultato nei motori di ricerca, di un annuncio a pagamento o del soggetto di un’email, il modo in cui viene formulato ha un impatto diretto sul numero di clic generati. E quindi, un titolo poco chiaro, generico o privo di elementi in grado di attrarre l’interesse può ridurre drasticamente il CTR.
Nella SEO, ad esempio, un title tag non ottimizzato rischia di passare inosservato nelle SERP, anche se il sito è ben posizionato. Un problema simile si verifica con le meta description: se non forniscono valore aggiunto o non invogliano l’utente a cliccare, il risultato potrebbe apparire meno interessante rispetto a quelli della concorrenza. Lo stesso principio vale per le email, dove un oggetto poco coinvolgente può impedirne l’apertura, bloccando a monte qualsiasi possibilità di interazione.
Per correggere questo errore, è fondamentale adottare un copywriting più efficace:
- Creare titoli diretti e chiari, che esprimano il valore immediato per l’utente.
- Utilizzare call to action implicite o stimolare la curiosità senza essere fuorvianti.
- Ottimizzare le meta description in ottica SEO, evitando testi generici privi di differenziazione.
- Evitare tecnicismi o titoli eccessivamente lunghi, che possono risultare difficili da leggere rapidamente.
Un titolo ben scritto non deve solo descrivere il contenuto, ma anche generare un interesse immediato, portando gli utenti al clic.
Pubblico target errato negli annunci pubblicitari
Altro problema comune nelle campagne pubblicitarie è rivolgersi al pubblico sbagliato. Un CTR basso negli annunci PPC o social media può essere il segnale che le persone che visualizzano gli annunci non trovano l’offerta pertinente ai loro interessi o bisogni.
Questo problema è particolarmente evidente nel targeting troppo ampio o generico. Campagne che provano a coinvolgere una platea indistinta spesso finiscono per dissipare il budget senza ottenere alcun reale impatto. Anche un targeting errato sul piano demografico o del comportamento può ridurre notevolmente il tasso di clic, poiché intercetta utenti che non sono nella fase decisionale o che non sono effettivamente interessati.
Per ottimizzare il pubblico e migliorare il CTR:
- Affinare la segmentazione del pubblico basandosi su dati concreti e sulle analisi delle buyer persona.
- Utilizzare il retargeting e lookalike audience per creare segmenti mirati di utenti già potenzialmente interessati.
- Sfruttare la targetizzazione per interessi e comportamenti nelle piattaforme pubblicitarie, evitando audience generiche.
- Monitorare costantemente le performance delle parole chiave nelle campagne Google Ads per eliminare termini non efficaci.
Un annuncio mostrato alle persone giuste e nel momento giusto, ha molte più possibilità di ottenere un CTR elevato e, soprattutto, di portare a conversioni concrete.
Mancanza di ottimizzazione mobile
Lo abbiamo detto: oggi una parte significativa delle ricerche e delle interazioni avviene da dispositivi mobili. Tuttavia, molte campagne continuano a essere progettate pensando solo alla navigazione desktop, con conseguenze negative sul CTR, specialmente per gli annunci su Google Ads e i risultati SEO.
Un’esperienza poco fluida su smartphone o tablet può scoraggiare il clic: testi troppo lunghi nei titoli, annunci che si caricano lentamente e pulsanti difficili da toccare sono solo alcuni dei problemi più frequenti. Anche nei social media, un contenuto non ottimizzato per il formato verticale può risultare meno efficace, riducendo l’engagement.
Per migliorare il CTR su mobile:
- Verificare che i titoli e le descrizioni siano leggibili ed efficaci anche sugli schermi più piccoli.
- Assicurarsi che le landing page si carichino rapidamente e siano ottimizzate per tutti i dispositivi.
- Adattare il design degli annunci e il formato delle immagini ai layout tipici del mobile.
- Testare regolarmente il modo in cui annunci e contenuti vengono visualizzati su smartphone, ottimizzando eventuali elementi poco chiari o difficili da cliccare.
Molti CTR bassi possono essere semplicemente il risultato di un’esperienza utente inadeguata per chi naviga da mobile. Investire nell’ottimizzazione mobile non solo migliora il CTR, ma anche la qualità complessiva dell’interazione, aumentando le possibilità di conversione.
Individuare e correggere questi errori consente di migliorare progressivamente le performance delle campagne, ottimizzando ogni aspetto che può influenzare il CTR e la capacità di attrarre clic da parte degli utenti.
CTR: le FAQ e i dubbi principali sul click-through rate nel marketing
Abbiamo visto come il CTR sia una metrica fondamentale per valutare l’efficacia di contenuti, annunci e campagne di marketing digitale. Tuttavia, interpretarlo e ottimizzarlo nel modo giusto può sollevare molti dubbi, soprattutto considerando le differenze tra piattaforme e settori.
Nelle ricerche organiche, un CTR elevato può essere segnale di un’ottima ottimizzazione SEO, mentre nella pubblicità online incide direttamente sui costi e sulle performance di un annuncio. Lo stesso valore può essere considerato positivo o preoccupante a seconda del contesto, motivo per cui è essenziale confrontarlo con benchmarking di settore.
Per chiarire gli ultimi aspetti e rispondere ai quesiti più frequenti, ecco una serie di domande utili a inquadrare meglio il concetto di CTR e le sue applicazioni.
- Che cos’è il Click-Through Rate (CTR)?
Il CTR è la percentuale di utenti che cliccano su un link rispetto al numero totale di visualizzazioni. È utilizzato per misurare l’efficacia di un annuncio, di un contenuto organico, di una campagna email o di un post sui social media.
- Cosa significa CTR in concreto?
Il CTR è il rapporto tra impression delivered e clic effettivi e si riferisce alla percentuale di persone che fanno clic su un elemento a cui sono state esposte, che può essere un link, un banner, una campagna o altro. Di base, la percentuale di clic viene calcolata semplicemente dividendo il numero di persone che hanno cliccato su un determinato elemento per il numero totale di visitatori di quella pagina, e quindi possiamo definire il CTR come la percentuale di impressioni che hanno prodotto un clic in rapporto al totale delle visualizzazioni ottenute dall’elemento stesso. La metrica del CTR può servire nel digital marketing per analizzare i risultati di e-mail, pagine Web e pubblicità online (Google, Bing, Yahoo), e più in generale è uno dei primi valori che si valutano per misurare il successo degli sforzi di marketing. Ad esempio, percentuale di clic PPC è la frequenza con cui vengono cliccati gli annunci PPC, e più precisamente la percentuale di persone che visualizza un annuncio (impressioni) e poi continuano a fare clic sull’annuncio (clic). Altri casi comuni in cui si misura il CTR sono:
- Un link di call-to-action in un’e-mail (email marketing)
- Un link ipertestuale su una landing page.
- Un annuncio PPC su una pagina dei risultati di ricerca di Google.
- Un risultato organico posizionato in una SERP.
- Un annuncio su un sito di social media come LinkedIn o Facebook.
- Come si calcola il CTR? Qual è la formula del Click-Through Rate?
Il CTR si ottiene con la seguente formula:
CTR = (numero di clic / numero di impressioni) × 100
Ad esempio, se un annuncio è stato mostrato 1.000 volte e ha ricevuto 50 clic, il CTR sarà del 5%.
- Qual è lo scopo del CTR?
Serve a valutare quanto un contenuto, un annuncio o un link siano efficaci nel catturare l’attenzione del pubblico e spingerlo all’azione.
- Cos’è il CTR in marketing?
Nel marketing digitale, il CTR è un KPI fondamentale che misura l’impatto di campagne pubblicitarie, risultati SEO, email marketing e strategie social. Un CTR elevato indica un’alta capacità di coinvolgimento, mentre un CTR basso suggerisce che qualcosa va ottimizzato.
- Google usa il CTR come fattore di ranking SEO?
La posizione ufficiale di Google è che il CTR non è un fattore di ranking diretto. Tuttavia, un CTR alto può segnalare a Google che un risultato è pertinente, e potrebbe avere un effetto indiretto sulle classifiche in SERP.
- Qual è il CTR delle ricerche organiche?
Dipende dalla posizione in SERP. Il primo risultato organico può superare il 30% di CTR, mentre i risultati più in basso nella pagina hanno percentuali decisamente più basse.
- Qual è il CTR medio SEO?
Non esiste un valore unico, ma studi recenti suggeriscono che il CTR per un risultato in prima posizione è tra il 30 e il 40%, mentre la seconda posizione si attesta intorno al 18-20%. Dopo la quinta posizione, il CTR scende sotto il 5%.
- Che cos’è un buon CTR su Google Ads?
Un buon CTR per gli annunci di ricerca su Google varia tra il 3% e il 5%. Per gli annunci display, invece, il CTR medio è molto più basso, tra lo 0,5% e l’1%.
- Quanto dovrebbe essere il CTR di una campagna Facebook Ads?
Il CTR per le campagne Facebook Ads può variare a seconda del formato e del pubblico target, ma in media si attesta tra lo 0,90% e l’1,5%.
- Qual è un buon CTR su Facebook Ads?
In genere, un CTR sopra l’1% è considerato buono per Facebook Ads. Tuttavia, valori superiori sono possibili in settori con alto engagement o per annunci ben ottimizzati.
- Cos’è il CTR di LinkedIn?
Il CTR su LinkedIn si riferisce al tasso di clic sugli annunci o sui post sponsorizzati. Essendo una piattaforma professional-oriented, i CTR tendono ad essere inferiori rispetto ad altre piattaforme, con una media tra lo 0,5% e l’1%.
- Cosa significa CTR per TikTok Ads?
Il CTR nelle campagne TikTok misura quante persone cliccano su un annuncio rispetto alle visualizzazioni ricevute. TikTok, essendo una piattaforma basata su contenuti video brevi, presenta spesso CTR più alti rispetto ad altre piattaforme social, con valori che possono variare a seconda del pubblico target.
- Cos’è il CTR social?
Il CTR social è la percentuale di clic su un link presente in un post organico o sponsorizzato su piattaforme come Facebook, Instagram, Twitter o LinkedIn. Varia in base alla piattaforma e al formato dei contenuti pubblicati.
- Cos’è il CTR e il CPC?
Il CTR indica il tasso di clic su un annuncio o un risultato organico, mentre il CPC (Cost Per Click) è il costo effettivo di ogni singolo clic generato da una campagna pubblicitaria a pagamento.
- Come posso aumentare il CTR di un’email?
Per migliorare il CTR delle email:
- Utilizzare oggetti accattivanti che incentivano l’apertura.
- Ottimizzare il copy con call-to-action chiare.
- Personalizzare il contenuto in base agli interessi dei destinatari.
- Qual è il CTR medio nel settore e-commerce?
Nel settore e-commerce, il CTR varia in base al canale pubblicitario utilizzato. Su Google Ads, il CTR medio per gli annunci di ricerca è di circa il 2-3%, mentre per le campagne display spesso non supera lo 0,5%.
- Come capire se il mio CTR è troppo basso?
Un CTR basso si valuta confrontandolo con il benchmark del settore. Se il proprio CTR è inferiore alla media delle piattaforme utilizzate, è opportuno testare elementi come titoli, immagini, call-to-action e pubblico target.
- Un CTR alto equivale sempre a un buon risultato?
No, un CTR alto è un buon segnale, ma non garantisce automaticamente conversioni. È cruciale monitorare anche altri KPI, come il tasso di conversione e il costo per acquisizione.
- Qual è un buon CTR?
Dipende dal contesto:
- Nelle ricerche organiche, sopra il 30% per la prima posizione.
- Su Google Ads, 3-5% per gli annunci di ricerca e 0,5-1% per quelli display.
- Nei social media, spesso tra 0,90% e 1,5% (Facebook Ads).
- Qual è il valore medio attuale del CTR di un banner standard?
I banner pubblicitari su Google Display Network e altri circuiti generalmente registrano CTR molto bassi, con una media compresa tra 0,1% e 0,5%.
- Qual è un buon CTR su LinkedIn?
Sugli annunci LinkedIn, il CTR medio è tra lo 0,5% e l’1%, anche se può variare in base al settore e alla tipologia di contenuto.
- Qual è un buon CTR su Google Ads?
Per la ricerca a pagamento, un CTR tra il 3% e il 5% è considerato buono, mentre per la rete display spesso il valore non supera l’1%.
- Qual è un buon CTR su Facebook? Quando il CTR è considerato buono?
Un CTR sopra l’1% è generalmente buono per Facebook Ads. Formati come caroselli e video tendono ad avere valori più alti rispetto agli annunci statici.
- Quando il CTR è basso?
Il CTR è considerato basso quando è significativamente inferiore ai benchmark di settore. Ad esempio:
- Su Google Ads Search, sotto il 2% è generalmente considerato scarso.
- Su Facebook Ads, se inferiore allo 0,5% , potrebbe indicare problemi di targeting o copywriting.
- Nei risultati organici di Google, un CTR inferiore al 5% per le prime posizioni è spesso segnale di necessità di ottimizzazione.